03 Apr Giurisprudenza commerciale: l’interpretazione della nozione giuridica della “diligenza del buon padre di famiglia” (péče řádného hospodáře)
A differenza della passata legislazione, la legge 90/201, c.d. codice delle società (entrato in vigore il 1.1.2014), offre una nozione di “diligenza del buon padre di famiglia” (artt. 51 e 53 cit. legge), canone che deve ispirare l’azione di chi, membro di un organo statutario di una società commerciale, agisce in nome e per conto della stessa. Il riferimento più diretto è all’ amministratore ma essa si impone anche per i membri di qualsiasi organo elettivo della società commerciale (C.d.a., consiglio di sorveglianza, ecc.).
Per la legge commerciale agisce con diligenza (del buon padre di famiglia), utilizzando le conoscenze necessarie, colui il quale, nel prendere decisioni imprenditoriali, ha potuto in buona fede ed in modo avveduto presumere di agire da informato e nell’interesse della società.
Nel valutare se il componente di un organo sociale ha agito o meno con la diligenza del buon padre di famiglia, si terrà conto delle cure che in una situazione analoga avrebbe prestato un’altra persona avveduta, se si fosse trovato nel ruolo di componente di un simile organo sociale. Si noti come quando in un procedimento davanti a un tribunale si deve giudicare se il componente di un organo sociale abbia agito o meno con la diligenza del buon padre di famiglia, l’onere della prova grava sul componente stesso (c.d. inversione dell’onore della prova), a meno che il tribunale ritenga che non sia giustamente possibile richiedere ciò ad esso.
L’inversione dell’onere della prova é giustificato dal fatto che spesso i documenti e le informazioni necessarie al fine di dimostrare la violazione (o la non violazione) della cura del buon padre di famiglia, sono a disposizione proprio del membro dell’organo, il quale, proprio grazie alla carica che riveste, ha l’accesso ai documenti ed alle informazioni che gli renderanno possibile dimostrare che non si sono verificate le condizioni per le quali sarebbe tenuto a risarcire il danno. Dall’altro lato, specularmente, colui il quale farà valere nei confronti del membro dell’organo il fatto di aver agito senza la necessaria diligenza, chiedendo i danni, non ha di solito a disposizione tali documenti e informazioni. Come si é visto il tribunale può decidere di non rendere operativa tale inversione della prova: ciò si verifica, ad esempio, quando il membro dell’organo abbia terminato lo svolgimento della sua carica e dimostri di non avere accesso a tali documenti ed informazioni.
Le conseguenze patrimoniali derivanti dalla violazione dell’obbligo di agire secondo il parametro della “diligenza del buon padre di famiglia” sono così sintetizzabili: colui il quale ha violato questo obbligo dovrà restituire alla società il beneficio ottenuto attraverso la propria condotta illegittima. Se non è possibile restituire il beneficio, la persona obbligata risarcirà la società in denaro.
Il risarcimento del danno può essere fatto valere nei confronti del membro dell’organo, sia da parte dei singoli organi statutari o organi di sorveglianza, sia da parte degli azionisti (soci). Qualora il danno si sia originato a seguito delle azioni compiute da più membri dell’organo, questi ultimi sono responsabili indivisibilmente e congiuntamente per il risarcimento di tale danno.
Non hanno valore legale eventuali accordi giuridici di una società con i quali si limita la responsabilità del componente di un suo organo sociale. Quando, a causa della violazione dell’obbligo di agire con la diligenza del buon padre di famiglia, viene cagionato un danno alla società, quest’ultima potrà successivamente regolarlo secondo un contratto stipulato con la persona obbligata; il contratto, per essere efficace, deve essere approvato dal supremo organo sociale con una maggioranza di almeno i 2/3 dei voti di tutti i soci. Se il giudice dichiara non valida la decisione del supremo organo sociale approvante il contratto di liquidazione del danno di cui sopra, tale contratto sarà invalido; dalla data in cui la sentenza di invalidazione della decisione passa in giudicato, inizia a decorrere un nuovo termine di prescrizione in cui si può chiedere di esercitare il diritto al risanamento del danno.