27 Apr L’Amministrazione finanziaria non può costringere il contribuente ad autoaccusarsi
La legge n. 321/2016 ha modificato la disciplina in materia di prova dell’origine del proprio patrimonio e in particolare a tal fine attribuisce all’Amministrazione finanziaria due strumenti: a) výzva k prokázání příjmů (§ 38x) – la richiesta di provare le proprie entrate, b) výzva k podání prohlášení o majetku (§ 38zc) – la richiesta di presentare una dichiarazione relativa al proprio patrimonio.
Con riguardo al primo strumento (richiesta di provare le proprie entrate), l’Amministrazione può avvalersi di tale strumento:
- quando ha un ragionevole dubbio sul fatto se le entrate dichiarate dal contribuente non corrispondano all’aumento del suo patrimonio, dei suoi consumi o delle altre spese;
- non sono noti circostanze che possano chiarire il dubbio di cui sopra;
- la differenza tra il reddito dichiarato e l’aumento del patrimonio/consumi/spese è superiore a 5.000.000 di CZK.
Nella lettera di richiesta, l’Amministrazione deve dichiarare i propri dubbi in modo da consentire al contribuente di replicare e presentare prove al fine di eliminare i dubbi sull’origine della proprietà.
Il secondo istituto (richiesta di presentare una dichiarazione relativa al proprio patrimonio) consente all’Amministrazione fiscale di verificare il sospetto che vi sia stata una sproprozione tra i redditi e il patrimonio, i consumi e le spese del contribuente. Questo istituto è aggiuntivo e si affianca a quelli che tradizionalmente l’Amministrazione finanziaria deve impiegare per rilevare questa discrepanza. Si pensi all’attività di ricerca e controllo (vedere § 57 ordinamento tributario, § 78 ordinamento tributario).
Tuttavia, è fondamentale sottolineare che la richiesta di presentare una dichiarazione relativa al proprio patrimonio non può mirare a ottenere informazioni utili ai fini di un eventuale indagine o procedimento penale. Il suo scopo è quello di chiarire la sproporzione tra le entrate dichiarate dal contribuente e le entrate che ha effettivamente, se il precedente tentativo di chiarire la sproporzione è fallito.
Pertanto, nel procedimento fiscale, l’Amministrazione fiscale non può concludere che la sproporzione sia stata causata da un reato o che il reato sia stato commesso al fine di occultare un reddito imponibile. Questo ruolo spetta solo alle autorità inquirenti penali. L’Amministrazione fiscale emette una richiesta di presentare una dichiarazione relativa al proprio patrimonio solo allo scopo di ottenere informazioni per la corretta determinazione dell’imposta.
Affinché l’Amministrazione fiscale possa chiedere al contribuente una tale dichiarazione devono essere soddisfatte tutte e tre le condizioni stabilite nel § 38zc ovverosia:
- le circostanze richieste nell’invito non sono state chiarite;
- le informazioni necessarie per accertare lo stato delle attività del contribuente non possono essere ottenute con altri mezzi o possono esserlo ma solo con difficoltà sproporzionate;
- il valore totale della proprietà che il contribuente è tenuto a dichiarare nella dichiarazione di proprietà supera il limite di 10 milioni CZK (la proprietà qui significa, ai sensi della Sezione 495 del codice civile, la somma di tutto ciò che appartiene al contribuente come patrimonio e debiti).
Se il contribuente, conformemente alla richiesta, presenta la dichiarazione patrimoniale, le ulteriori fasi dipenderanno dalla natura delle informazioni ottenute dall’Amministrazione finanziaria e dalla situazione probatoria generale.
In ogni caso, i dati ottenuti in questo modo non possono essere utilizzati per punire il contribuente per il reato di evasione fiscale o per qualsiasi altro reato fiscale, in quanto ciò sarebbe contrario al divieto di autoaccusarsi (si veda in particolare l’art. 37 (1) e 40 (4) della Carta dei diritti e delle libertà fondamentali).
Questa è una delle principali preoccupazioni dei consulenti fiscali e degli avvocati che hanno sottolineato il potenziale rischio che le autorità inquirenti utilizzino queste informazioni per successive indagini penali.
Per quanto riguarda le possibili conseguenze della mancata presentazione intenzionale di una dichiarazione relativa al proprio patrimonio o di una falsa dichiarazione o gravemente travisata, le conseguenze consisteranno nella responsabilità penale per il relativo reato. Tuttavia, l’amministratore fiscale non deve avvertire il contribuente della possibilità di una sanzione penale per un reato fiscale, in quanto tale sanzione basata sulla dichiarazione presentata è fuori discussione
In altre parole, in caso di richiesta di presentare una dichiarazione relativa al proprio patrimonio, il contribuente è esclusivamente a rischio di responsabilità penale ai sensi della sezione 227 del codice penale che punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni chiunque, nei procedimenti dinanzi a un tribunale o altra autorità pubblica, rifiuta di ottemperare a un obbligo legale di fare una dichiarazione o elude tale obbligo o fornisce informazioni false o gravemente travisate.
Si verificherebbe una situazione diversa se, sulla base di una dichiarazione patrimoniale vera o addirittura parzialmente distorta, si stabilisse che vi è stata un’evasione fiscale o altro reato fiscale. Questo non è ammissibile e pertanto l’eventuale condanna sarebbe in contrasto con il divieto di autoaccusarsi, principio contenuto nella Carta dei diritti e delle libertà fondamentali, come la Corte costituzionale ha ripetutamente dedotto nella sua giurisprudenza. Il divieto in questione non significa solo forzare qualcuno a confessare o vietare a lui di negare ragionevolmente una testimonianza autoincriminante, ma anche di richiedere a chiunque, sotto minaccia, di fornire attivamente prove incriminanti, comprese prove documentali e fattuali.
Brno, 26.4.2020