Investimenti in criprovalute e quadro RW

Investimenti in criprovalute e quadro RW

Come noto la legge italiana prescrive che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate, residenti in Italia, che, nel periodo di imposta „detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria“, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi.  Proprio rispondendo a tale esigenza è stato inserito nel modello Unico il quadro RW.

Ci si è posti il problema se la detenzione di criptovalute, obblighi il detentore, residente in Italia, ha compilare il quadro RW. La risposta è affermativa.

L’Agenzia delle entrate, mediante la Risoluzione n. 72 del 02/09/16, ha affermato per la prima volta che la criptovaluta è una „valuta estera“ tuttavia non ha approfondito il tema di quale sia il luogo di detenzione della chiave privata. Infatti non vi è chi non veda come non si possa affermare con facilità che la criptovaluta è detenuta all’estero. Infatti la criptovaluta si trova nella rete e non in un territorio di uno Stato.

In ogni caso l’Agenzia delle entrate, intervenendo una seconda volta, nella risposta all’interpello n. 956-39/2018, ha specificato che, nella colonna 8, relativa al valore finale, si deve indicare il controvalore in euro della valuta virtuale detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale. Inoltre ha affermato che le criptovalute “non sono soggette all’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (c.d. Ivafe) in quanto tale imposta si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura “bancaria” (C.M. 28/E/2012)”.

Alla luce di quanto affermato nel 2018 l’Agenzia delle entrate, nell’approvare le istruzioni per la compilazione del Modello Unico Persone Fisiche 2019, ha indicato espressamente che anche le valute virtuali sono da inserire nel quadro RW, tra i redditi finanziari di provenienza estera.

Si segnala che questa decisione dell’Agenzia delle entrate è stata impugnata davanti al T.A.R. del Lazio per i seguenti motivi: l’Agenzia delle Entrate avrebbe assoggettato le “criptovalute” o monete digitali all’imposizione fiscale in via amministrativa, senza un fondamento normativo (I motivo), senza un provvedimento amministrativo (II motivo) e senza che sussistano, nelle monete virtuali, caratteri e natura tali da consentirne l’assimilazione a redditi di natura finanziaria (III motivo, prima parte).

Il giudice ha dato torto ai ricorrenti e ragione all’Agenzia (sentenza n. 1077 del 2020) affermando il seguente principio: gli atti con i quali, nell’approvare le istruzioni per la compilazione del Modello Unico Persone Fisiche 2019, si indicano come da inserire nel quadro RW, tra i redditi finanziari di provenienza estera, anche le valute virtuali, non hanno natura costitutiva della corrispondente obbligazione tributaria, ma sono meramente ricognitivi di obblighi dichiarativi già esistenti, come definiti ai sensi degli artt. 1 e 4 d.l. n. 167/1990, convertito in l. 227/1990 (modificati dal d.lgs. n. 90/2017) e nei relativi limiti. Il trattamento fiscale dell’utilizzo delle criptovalute opera in forza della natura delle operazioni poste in essere mediante detti valori (oltre che, naturalmente, in base alla natura dei soggetti utilizzatori e delle relative attività, imprenditoriali o meno), laddove (e nella misura in cui) detto utilizzo generi materia imponibile.

 

Brno, 1 settembre 2021