12 Giu Il reato di evasione fiscale: il colpevole, i concorrenti nel reato e l’elemento soggettivo (dolo). Il problema della delega della responsabilità
In primo luogo chiariamo che il reato di evasione può essere commesso non soltanto dal contribuente ma possono essere criminalizzati per tale reato anche coloro i quali partecipano, moralmente o fattualmente, alla condotta del contribuente. Si pensi ad un suo consulente fiscale, legale, un suo dipendente, un membro del consiglio di amministrazione nel caso di una persona giuridica che svolgono un’attività di supporto e consulenza che fanno sorgere o rafforzare l’intento di evadere o che permettono materialmente al contribuente di realizzare la evasione. Ricordiamo come il comma 2 dell’art. 240 c.p. (reato di evasione) prevede che la pena sia aggravata se la condotta di evadere, che principalmente viene commessa dal contribuente tenuto all’obbligo dichiarativo, vede la presenza di almeno altre due persone. Quindi se in totale, a vario titolo, sono coinvolti nel reato almeno tre persone, la pena si aggrava. Naturalmente perchè operi l’aggravamento di pena, il contribuente deve sapere dell’esistenza di tali due o più persone e del loro concorso causale o morale alla realizzazione dell’evasione. Insomma, non possono questi ultimi partecipare al reato ad insaputa del primo. Siccome il reato di evasione si perfezione con il deposito della dichiarazione dei redditi (che contiene i dati che consentono l’evasione), giocoforza saranno criminalizzabili solo le condotte che si realizzano prima del deposito della dichiarazione. E questo vale anche per i partecipanti
Un elemento importante in qualsiasi reato è l’elemento soggettivo, cioè psicologico. Serve il dolo, non essendo sufficiente la colpa, cioè la negligenza. Se una persona per errore indica nella dichiarazione dei redditi un dato che permette un’evasione, non ci sarà reato. Non esiste il reato colposo di evasione fiscale.
L’esistenza del dolo significa accertare che l’autore del reato voglia evadere quindi sia cosciente di violare una norma di legge e che, nel contempo, sia consapevole che da tale violazione deriverà un vantaggio. Il dolo deve coprire entrambi questi aspetti. Questa volontarietà, in altre parole il dolo, diventa spesso di difficile accertamento quanto il contribuente incarica terzi nell’esecuzione dell’obbligo dichiarativo nonché nell’obbligo di versare l’imposta. Si pensi al commercialista o, nelle grandi strutture, ai fiscalisti interni. Molto spesso l’amministratore, nel caso in cui il soggetto passivo sia una società, non sa nulla su come deve essere tassata una transazione o un’operazione. Si affida ai consulenti. Tuttavia è lui che firma la dichiarazione dei redditi. Siccome la responsabilità penale delle persone fisiche è personale, l’affidamento in buona fede sull’operato di terzi, ovvero dei consulenti, esonera dalla responsabilità penale. Se quindi una società affida il calcolo dell’imposta ad un consulente e questo sbaglia il calcolo, a livello tributario la società sarà comunque tenuta a pagare la penalità derivanti dall’errato calcolo, facendo valere la responsabilità del consulente per il pagamento della penale. A livello penalistico invece se si delega la responsabilità di calcolare l’onere tributario e si accetta in buona fede il risultato, chi delega non risponde penalmente. Anche se si delega ad un soggetto che si sa essere impreparato al compito affidato, non sussiste il dolo ma al massimo la mera negligenza. Ma i reati fiscali colposi non esistono. Nel caso di una testa di legno (es. amministratore di una società) i tribunali possono ritenerlo colpevole di dolo indiretto (detto anche, eventuale) in quanto costui, pur non perseguendo la realizzazione del fatto e quindi nel nostro caso la realizzazione di un vantaggio derivante dalla minore o assente tassazione, si rappresentano come seriamente possibile la realizzazione del fatto, cioè dell’evasione, e nonostante questo, accetta il fatto che possa verificarsi l’evento.
Infine esiste l’incertezza interpretativa di una norma fiscale può portare ad una assoluzione. Se non altro per il fatto che manca l’intenzionalità di evadere.