La non imponibilità ai fini IVA delle cessioni intra-UE necessita della prova del trasporto

La non imponibilità ai fini IVA delle cessioni intra-UE necessita della prova del trasporto

Per applicare il regime di non imponibilità per le cessioni intracomunitarie, la prova del trasporto del bene nell’altro Stato membro grava sul contribuente e tale prova non può risolversi dimostrando la mera operatività dell’acquirente estero (per esempio: dimostrando che è iscritto alla Camera di commercio o che è in possesso di una partita Iva). Questo principio è contenuto nell’ordinanza n. 25587 del 21 settembre 2021 della Corte di cassazione.

La legislazione Ue e quella nazionale considerano non imponibili ai fini Iva le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall’acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti d’imposta.

Infatti in tali casi, la tassazione avviene infatti nello Stato di destinazione.

Tre sono i requisiti delle cessioni non imponibili: esse devono essere a titolo oneroso, con trasporto o spedizione nel territorio di un altro Stato membro, a favore di un altro soggetto passivo (una persona fisica o giuridica che, come il cedente, agisce come operatore economico nel proprio Stato). Per costante giurisprudenza, l’“esenzione” della cessione intracomunitaria diviene applicabile solo quando il venditore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione.

La prova del trasporto gravi sul contribuente che invoca la non imponibilità; diversamente, l’amministrazione finanziaria è legittimata a “riclassificare” l’operazione come imponibile, con applicazione dell’Iva secondo le modalità ordinarie.

La pronuncia della Corte di cassazione affronta la tematica della prova del trasporto dei beni e, quindi, del set di documenti da produrre in caso di eventuali contestazioni. Sul punto si ricorda che la situazione è recentemente mutata con riferimento agli oneri documentali: l’articolo 45-bis del Regolamento di esecuzione n. 282/2011, introdotto dal Regolamento n. 2018/1912 del Consiglio, nell’intento di rafforzare la lotta alle frodi ha uniformato il regime della prova introducendo due presunzioni relative (e alternative) e un elenco di elementi di prova del trasporto o della spedizione accettati dagli Stati.

Nella decisione in commento, la Cassazione ha rigettato il ricorso di una nota società di autonoleggio, che denunciava la violazione dell’articolo 41, Dl n. 331/1993, e ha così confermato la sentenza che aveva accolto l’appello dell’amministrazione finanziaria.
La Corte ha escluso la sufficienza della produzione delle fatture di vendita, della documentazione bancaria di pagamento e del “certificato di proprietà” delle autovetture iscritte al Pra con l’annotazione della cessazione della circolazione per esportazione; pertanto ha escluso la valenza probatoria dei documenti, relativi agli acquirenti, che attestano l’iscrizione alla Camera di commercio o il possesso di una partita Iva nel proprio Stato.

Brno, 8.11.2021