Il regime speciale dei lavoratori impatriati in Italia: quando è possibile prolungare tale disciplina di favore?

Il regime speciale dei lavoratori impatriati in Italia: quando è possibile prolungare tale disciplina di favore?

Il regime speciale dei lavoratori impatriati (contenuto nel D.Lgs. 147/2015) è una disciplina di tassazione agevolata di natura temporanea in favore dei lavoratori che trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del TUIR.

Devono essere però presenti due condizioni: a) i lavoratori non siano stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento e si impegnino a risiedervi per almeno due anni; b) l’attività lavorativa è svolta prevalentemente nel territorio italiano.

Se entrambe le condizioni vengono rispettate, allora nel periodo d’imposta in cui la residenza viene trasferita e nei successivi 4, i redditi di lavoro dipendente (o i redditi ad esso assimilati) e i redditi di lavoro autonomo prodotto in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30% del loro ammontare ovvero al 10% se la residenza è presa in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia.

La normativa sopra citata prevede che il trattamento agevolato trovi applicazione ai redditi d’impresa prodotti dai lavoratori impatriati che avviano l’attività in Italia a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019.

Possno accedere al regime agevolato anche i cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) purché, nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento, abbiano risieduto in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

È interessante sottolineare che, laddove sussistano tutti i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti per usufruire del regime agevolativo in esame, si può chiedere l’estensione dei benefici previsti per altri cinque periodi d’imposta.

Il presupposto per poter richiedere l’ampliamento dei periodi d’imposta agevolabili (quindi per ulteriori 5 anni, come anticipato) è rappresentato dalle due seguenti condizioni:

  • avere almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo;
  • diventare proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia (successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento).

Si badi come non è  disposto che tale unità immobiliare rappresenti l’abitazione principale di colui che richiede l’applicazione del regime speciale, né tantomeno è stabilito che rappresenta una causa ostativa all’estensione dell’agevolazione il fatto che questi, al momento del nuovo acquisto, sia già proprietario di un altro immobile di tipo residenziale sul territorio dello Stato.

Si rammenta poi che sul tema dell’estensione del regime speciale dei lavoratori impatriati sono stati forniti importanti chiarimenti dall’Agenzia delle entrate con la circolare 33/E/2020.

Tra le altre cose, il citato documento di prassi ha precisato che l’acquisto dell’unita immobiliare deve essere effettuato entro e non oltre i primi cinque periodi d’imposta di fruizione del regime speciale e permanere per tutto il periodo agevolato (ad esempio, un cittadino che è fiscalmente rientrato in Italia nel 2021 può richiedere l’estensione dell’agevolazione se acquista l’immobile entro il 31 dicembre 2025).

Da ultimo occorre precisare che per tutto il periodo di prolungamento, i redditi agevolati concorrono alla formazione del reddito complessivo per il 50% del loro ammontare ovvero per il 10% in caso di lavoratori con almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo.

 

Brno, 1.6.2023