04 Nov DIRITTO PATRIMONIALE DELLA FAMIGLIA – Comunione legale dei coniugi e debiti
Ai sensi dell’art. 710 c.c. ceco debiti contratti durante il matrimonio fanno parte della comunione legale.
Secondo la formulazione esplicita della relazione esplicativa all’art. 710 del Codice civile, possono essere assunti solo i debiti di diritto privato (non di diritto pubblico). Pertanto la SJM non includerà, ad esempio, i debiti derivanti da obblighi assunti durante il matrimonio per decisione di un tribunale o di altra autorità (ad esempio il pagamento di un’ammenda, il pagamento di una penalità per ritardato pagamento delle imposte, ecc.). Non vi rientreranno nella SJM i debiti derivanti da violazioni di un obbligo legale, vale a dire ad esempio l’obbligo di risarcire i danni. Non rientrano nella SJM il pagamento di debiti derivanti direttamente dalla legge (ad esempio le imposte) o derivanti da obblighi sorti in base ad un evento previsto dalla legge (ad esempio l’insorgere dell’obbligo di pagare gli alimenti a seguito della nascita di un figlio – cfr. art. 732 del Codice Civile). Quindi risulta chiaramente che non tutti i debiti contratti durante il matrimonio rientrano nella SJM. È essenziale che il debito venga “assunto” dopo la conclusione del matrimonio, cioè che l’obbligo di adempiere al debito sorga per almeno da uno dei coniugi durante il matrimonio (ad esempio assunzione contrattuale o adesione al debito).
Rientrano nella SJM i debiti assunti congiuntamente da entrambi i coniugi durante il matrimonio. Questi debiti possono essere soddisfatti con tutti i beni di appartenenza dei coniugi, anche di proprietà esclusiva di uno di essi. Non occorre esaminare se essi siano sorti per soddisfare i bisogni della famiglia, se siano sproporzionati rispetto al patrimonio dei coniugi, ecc. Un problema interpretativo può riguardare il fatto se rientrano nella SJM i debiti sorti durante il matrimonio, anche quando non esisteva la SJM, oppure vi rientrano solo quelli che sono sorti durante l’esistenza della SJM. La risposta è che difficilmente un debito può rientrare nella SJM se non esisteva ancora tale comunione legale.
Rientrano nella SJM i debiti assunti da uno solo dei coniugi durante il matrimonio:
A) Debiti assunti da uno solo dei coniugi durante il matrimonio per provvedere alle necessità quotidiane o ordinarie della famiglia: secondo questa disposizione, i debiti assunti da uno solo dei coniugi senza il consenso dell’altro coniuge durante la durata del matrimonio entrano a far parte della SJM, se sono legati alla fornitura delle necessità familiari quotidiane o comuni. Devono essere bisogni quotidiani (in ceco, každodenní), cioè quelli che si verificano regolarmente (quasi) ogni giorno durante la gestione del nucleo familiare. La seconda possibilità è che si tratti di bisogni ordinari (in ceco, běžný) della famiglia, anche se potrebbero non verificarsi tutti i giorni. Nello specifico, la situazione in esame riguarderà principalmente l’acquisizione di beni di consumo comune (continuato) necessari al mantenimento della famiglia (es. acquisti di cibo, carburante, energia elettrica, prodotti per l’igiene, ecc.), costi relativi al mantenimento dell’abitazione condivisa, dei locali condivisi, ecc. Le condizioni patrimoniali della famiglia continueranno ad essere un indicatore importante di quali siano i bisogni ordinari della famiglia, ma non sono un indicatore decisivo.
B) Debiti assunti da uno solo dei coniugi durante il matrimonio, ai quali l’altro coniuge ha dato il proprio consenso: la legge non specifica come deve essere espresso il consenso, né in quale momento debba manifestarsi. Considerato che il consenso non modifica né integra il contratto, si deve ammettere che esso possa essere concesso in forma meno stringente. Il consenso dovrebbe essere dato dal secondo coniuge sostanzialmente al momento dell’assunzione del debito. Il consenso dato successivamente dovrebbe essere visto come un tentativo di modificare il regime giuridico, consistente nell’estensione di SJM a questo debito assunto da uno solo dei coniugi. In tal caso, però, il mero consenso dell’altro coniuge non è sufficiente. Il contratto sulla estensione della SJM dovrà possedere i requisiti formali e contenutistici previsti dalla legge per la modifica contrattuale dei beni comuni (art. 716 e segg. c.c.). Il consenso è concesso nei confronti dell’altro coniuge, non nei confronti del creditore.
Un debito assunto senza il consenso dell’altro coniuge dovrebbe essere considerato non solo un debito al quale l’altro coniuge non ha dato consapevolmente il suo consenso o ha espresso direttamente la sua disapprovazione per l’assunzione, ma anche un debito al quale non ha dato il suo consenso perché non ne era a conoscenza. Sebbene un coniuge abbia il diritto di ricevere dall’altro coniuge le informazioni sui redditi e sulla situazione patrimoniale di quest’ultimo, sulle sue attività di lavoro, di studio e simili, attuali e previste per il futuro (art. 688 Codice Civile), la normativa applicabile non vieta tuttavia a uno dei coniugi di agire in autonomia e di assumere impegni, anche all’insaputa o addirittura contro la volontà dell’altro coniuge. Spetta quindi al coniuge che si assume il debito chiedere il consenso dell’altro coniuge e informarlo o meno del debito. Se non lo fa, il debito è suo esclusivo. In relazione alla concessione del consenso del coniuge ai sensi del § 710 lettera b) cc, è opportuno a questo punto accennare, almeno brevemente, al collegamento di tale disposizione con la previsione dell’art. 732 c.c. Se il debito di uno solo dei coniugi è contratto contro la volontà dell’altro coniuge, si tratta di un debito esclusivo. Tuttavia, secondo il § 732 del Codice Civile, i beni appartenenti al SJM possono essere utilizzati anche per soddisfarlo. Tuttavia, se l’altro coniuge esprime il suo disaccordo nei confronti di un tale debito nei confronti del creditore, senza indebito ritardo, dopo aver appreso del debito, la comunione può essere intaccata solo per l’importo che rappresenterebbe la quota del debitore se la comunione fosse liquidata secondo l’art. 742 del codice civile. Si tratta di una tutela aggiuntiva del secondo coniuge rispetto alla regola generale che esclude i debiti assunti da uno solo dei coniugi senza il consenso dell’altro da parte di SJM. Come visto la tutela opera in caso di disapprovazione immediata e chiaramente espressa nei confronti di un terzo (creditore). In sostanza il creditore può essere soddisfatto solo con il patrimonio esclusivo del coniuge che ha assunto il debito e con la parte (metà) dell’SJM che gli spetterebbe in caso di liquidazione della SJM. Secondo l’art. 710 del codice civile, c’è una significativa riduzione dei debiti che entrano nella SJM nel regime legale.
C) Debiti relativi alla proprietà esclusiva di uno dei coniugi nella misura che supera l’utile di questo patrimonio: si tratta dell’art. 710 comma 1 lettera a) c.c. che fa seguito all’art. 709, comma 2 c.c., secondo il quale non fanno parte della SJM i redditi derivanti dai beni esclusivi di un coniuge ma ne fa parte il profitto derivante dai suddetti beni, intendendosi per profitto il reddito dopo aver dedotto i costi di mantenimento della proprietà esclusiva, la sua gestione, ecc. Se il profitto che deriva dalla proprietà esclusiva fa parte del patrimonio della SJM, è certamente corretto che i debiti ricadano anche sulla SJM nella misura di tale profitto. Nella misura in cui essi superano il profitto derivante da questa proprietà esclusiva, i debiti rientreranno nella proprietà esclusiva del coniuge. Se dalla proprietà esclusiva non viene ricavato alcun profitto, il debito non diventa affatto parte della SJM e cade interamente a carico della proprietà esclusiva del coniuge proprietario.
La determinazione concreta di quale parte del debito debba ricadere sul SJM e quale parte no può causare problemi in una situazione concreta. La legge prevede l’assunzione del debito nella misura del profitto e, soprattutto, nella misura del profitto derivante dal bene di proprietà esclusiva. Tuttavia è chiaro che, nel caso in cui i costi siano superiori ai ricavi e il coniuge-proprietario si indebita per pagarli, di fatto non c’è profitto, c’è una perdita. La disposizione deve quindi essere interpretata non solo secondo le parole, ma secondo ciò a cui si proponeva, cioè secondo il suo scopo. Se l’unico proprietario ottiene un profitto a lungo termine, che rientra nel SJM, e contrae un debito una tantum che supera di parecchie volte l’utile solitamente ottenuto, il rapporto tra ricavi e costi deve ovviamente essere valutato su un orizzonte temporale più lungo. Per determinare l’ammontare dell’utile, lo stato patrimoniale costituito da ricavi, da un lato, e costi, dall’altro, non viene ricalcolato e azzerato ogni volta che si acquisiscono ricavi correnti o si segnala una perdita. Allo stesso tempo, era già stata avanzata l’idea che l’utile non dovesse essere determinato sui singoli oggetti di proprietà esclusiva, ma nel riepilogo complessivo della proprietà. Dopotutto, il Codice civile non parla di profitto da una cosa concreta di proprietà esclusiva, ma di profitto dalla proprietà esclusiva. La proprietà è la somma totale di tutto ciò che appartiene a una persona (§ 496 del codice civile). È quindi ovvio che una determinazione più dettagliata di quale parte del debito ricada sotto la SJM e quale parte no, sarà quindi spesso presa in considerazione solo durante la liquidazione della SJM. Allo stesso tempo va ricordato che dal punto di vista del creditore è particolarmente importante chi si è assunto concretamente il debito, cioè con chi è stato concluso il contratto, e non a chi appartiene la cosa in questione (ad esempio una casa da riparare). In genere, la persona che assume l’impegno sarà il coniuge-proprietario. In questo caso, ciò che conta per il creditore è se il debito sia sorto durante la comunione dei beni oppure no. In tal caso, egli potrà onorare il debito nei confronti di questo coniuge e soddisfare il suo credito sia dalla proprietà esclusiva di questo coniuge che dalla SJM. Solo nel caso in cui il secondo coniuge, ai sensi dell’articolo 732 del codice civile, si dichiarasse immediatamente contrario a tale debito, la possibilità di soddisfare il creditore della SJM sarebbe limitata ai sensi dell’articolo 732 del codice civile. Solo in questa situazione potrebbe essere significativo sapere per il creditore se una parte del debito ricada o meno nella SJM. Tuttavia, dal punto di vista del creditore, la prova di questo fatto e soprattutto la determinazione dell’entità del debito, e quindi del suo credito, che rientra nella SJM sarà difficile (vedi la spiegazione sopra data sulle ambiguità nella determinazione dell’importo del profitto derivante dalla proprietà esclusiva).
D) Debiti precedentemente esclusivi, inclusi nella SJM sulla base della modifica contrattuale: possono essere inclusi nella SJM anche i debiti originariamente esclusivi, se sono stati inclusi nella SJM sulla base di un contratto che modifica la portata della SJM. Tale procedura può essere considerata come un caso specifico di adesione al debito (art. 1892 del codice civile) che non richiede il consenso del creditore. Possono trattarsi di debiti contratti da uno dei coniugi prima o dopo il matrimonio. I debiti sorti prima della conclusione del matrimonio possono diventare parte della SJM dal momento della conclusione del matrimonio (se con esso viene creato anche la SJM), a condizione che il contratto di tale contenuto sia già stato concluso dai promessi sposi. Naturalmente anche l’inclusione del debito nella SJM è possibile in qualsiasi momento durante il matrimonio. Nulla impedisce che si convenga che tutti i debiti derivanti, o anche i debiti già contratti da uno dei coniugi per qualsiasi motivo giuridico, diventino parte della SJM.