15 Lug Il Decreto crescita 2019 (Legge n. 58/2019) introduce modifiche al regime fiscale per i lavoratori che fanno rientro in Italia (c.d. impatriati): in proposito novità anche per chi è residente all’estero e non è iscritto A.I.R.E.
E’ utile sottolineare che il decreto crescita del 2019 (decreto legge 34 del 2019, convertito nella legge n. 58 del 2019) ha potenziato le agevolazioni fiscali che erano già previste per:
- I lavoratori che rientrano in Italia, a partire dal 2020, dopo 2 anni di residenza all’estero e che si impegnino a risiedere in Italia per almeno 2 anni, con attività lavorativa prestata prevalentemente nel territorio italiano;
- I docenti e ricercatori che trasferiscono la residenza in Italia a partire dal 2020 e che abbiano avuto la residenza in un altro Stato nei 2 periodi d’imposta precedenti il trasferimento in Italia.
Le agevolazioni erano già in vigore, ma ora viene prevista sia una maggiore riduzione della base imponibile, sia una maggiore durata del periodo di tassazione ridotta.
Poniamo attenzione alla categoria sub. A) di cui sopra, cioè quella dei lavoratori che rientrano in Italia (c.d. impatriati). Ricordiamo infatti che d.lgs n. 147/2015 aveva introdotto un’agevolazione fiscale temporanea destinata ai lavoratori in possesso di laurea che trasferivano la residenza nel territorio dello Stato italiano dopo aver svolto, in maniera continuativa, un’attività di lavoro fuori dall’Italia negli ultimi 2 anni. Questi lavoratori, non residenti in Italia nei 5 periodi di imposta precedenti e che si impegnavano a restare nel nostro Paese per almeno 2 anni, potevano godere dell’esenzione dalla tassazione del 50% del reddito di lavoro autonomo o dipendente prodotto.
Ebbene, con le modifiche introdotte dal recente decreto crescita 2019, a partire dal 1° gennaio 2020, entrano in vigore importanti novità.
Concorrerà alla formazione del reddito complessivo da tassare solo il 30% (prima era il 50%) del reddito del lavoratore, con un abbattimento, quindi, del 70% della base imponibile.
Sarà necessario avere avuto la residenza all’estero nei 2 periodi d’imposta precedenti l’impatrio (non più 5 periodi). Per i contribuenti che scelgono di trasferire la residenza in una delle regioni del mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia) la misura è ancora più conveniente, in quanto l’esenzione sale al 90%. Di conseguenza, il reddito prodotto in Italia concorre limitatamente al 10%.
Nella platea di possibili beneficiari, il decreto crescita ha eliminato un requisito che penalizzava coloro i quali erano effettivamente residenti all’estero ma non si erano iscritti all’A.I.R.E. Dopo la riforma operata dal decreto crescita 2019 possono comunque accedere ai rispettivi benefici fiscali anche coloro che non erano iscritti AIRE a patto che abbiano avuto la residenza in un Paese estero ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi nei due periodi di imposta precedenti il trasferimento in Italia.
Brno, 15.7.2019