27 Nov Quali sono le sanzioni previste in caso di esterovestizione societaria?
Come abbiamo più volte ricordato le società, gli enti ed i trust sono considerati residenti in Italia quando per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni), hanno alternativamente la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.
Questa tabella aiuta a comprendere il significato di questi termini:
Requisiti | Determinazione |
Sede legale | Luogo che è espressamente indicato nello statuto o nell’atto costitutivo. |
Sede amministrativa | Luogo ove il soggetto titolare del potere esecutivo esercita le sue attività e funzioni, con carattere di stabilità ed effettività, in relazione alla gestione della società. |
Oggetto esclusivo o principale dell’ente | Viene determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per la realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge , dall’atto costitutivo o dallo statuto. In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato. |
Al fine di contrastare la delocalizzazione fittizia della residenza fiscale, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico una presunzione legale relativa, al ricorrere della quale il contribuente deve fornire al Fisco idonea prova e, simmetricamente, dimostrare di aver mantenuto la sede dell’amministrazione all’estero.
In particolare, per espressa disposizione normativa (Art. 73, comma 5-bis, TUIR) è previsto che, salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nelle società di capitali ed enti commerciali residenti se, in alternativa:
- sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
- sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato”.
Quindi, qualora la legal entity estera non fornisca la pertinente prova contraria, la stessa sarà considerata residente nel territorio dello Stato e sarà quindi soggetta a tutti gli obblighi strumentali e sostanziali che l’ordinamento prevede per le società e gli enti residenti in Italia (ai fini Ires, Irap e Iva).
A livello internazionale, onde prevenire fenomeni di doppia imposizione nei casi di dual residence, l’articolo 4, paragrafo 3, del modello Ocse di Convenzione prevede che, nell’ipotesi in cui una società sia considerata residente in due diversi Stati, la residenza fiscale della persona giuridica debba essere individuata sulla base di un accordo tra le autorità competenti (denominato mutual agreement), che deve tenere conto del luogo di direzione effettiva, del luogo di costituzione e di ogni altro fattore rilevante.
Delineato l’ambito giuridico di riferimento, occorre domandarci quali siano le conseguenze sanzionatorie nella particolare ipotesi di esterovestizione.
A livello amministrativo, saranno constatate le seguenti violazioni:
- omessa istituzione delle scritture contabili obbligatorie ai fini Iva e delle imposte sui redditi (articolo 9, comma 1, D.Lgs. 471/1997);
- omessa richiesta di attribuzione del numero di codice fiscale (articolo 13, comma 1, lett. a), D.P.R. 605/1973);
- omessa presentazione della dichiarazione di inizio attività e del luogo di tenuta e conservazione dei libri, registri, le scritture ed i documenti obbligatori (articolo 5, comma 6, D.Lgs. 471/1997);
- omessa presentazione della dichiarazione annuale dei redditi ai fini Ires (articolo 1, comma 1, D.Lgs. 471/1997);
- omessa presentazione della dichiarazione annuale ai fini Iva (articolo 5, comma 1, D.Lgs. 471/1997);
- omessa presentazione della dichiarazione annuale ai fini Irap (articolo 1, comma 1, D.Lgs. 471/1997).
A livello penale, occorre invece valutare attentamente l’eventuale commissione del reato di omessa dichiarazione (art. 5 d.lgs. 74 del 2000) che, dopo la riforma operata da decreto legge 194 del 2019, punisce con la reclusione da 2 a 6 anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunta, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa supera, con riferimento a taluna delle singole imposte, i 50.000 euro. Analoga pena della reclusione è prevista per chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore a 50.000 euro.
In merito, come osservato dalla prassi operativa, l’antigiuridicità del comportamento – sotto il profilo fiscale – consiste proprio nel fatto che, contrariamente a quanto formalmente dichiarato relativamente alla propria ubicazione, il soggetto risiede nel territorio dello Stato, sottraendosi così agli adempimenti richiesti dalla legislazione del Paese di appartenenza.
In queste ipotesi, la localizzazione della dimensione soggettiva si fonda su elementi dichiarativi connotati da falsità e quindi tutti i fenomeni di esterovestizione non possono, in nessun caso, essere ricondotti nell’ambito delle fattispecie elusive, ma rappresentano casi di evasione. Di conseguenza, seguendo la linea interpretativa riconducibile all’evasione fiscale e sulla base di un approccio più rigoroso, potrebbero anche essere applicate le sanzioni penali previste in tema di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.
Sul punto, si ricorda che non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.
Brno, 25.11.2019